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Auto, entro il 2028 dominio cinese: 9 marchi su 10 saranno asiatici

Bandiera Cinese – fonte_Piraxbay.it – Autoruote4x4.it

La Cina si prepara a conquistare il mercato automobilistico europeo con una presenza massiccia di marchi e tecnologie avanzate

L’espansione cinese nel mercato europeo

Secondo un’analisi del centro studi Quintegia, entro il 2028, il 90% dei nuovi marchi automobilistici presenti in Italia sarà di origine asiatica, con una predominanza cinese. Attualmente, sono già presenti 27 case automobilistiche cinesi nel nostro Paese, e si prevede l’arrivo di altri 9 marchi nei prossimi anni. Questa tendenza si riflette anche a livello europeo, dove il numero totale di brand cinesi salirà a 43, superando di gran lunga la presenza dei costruttori europei emergenti.

Nel triennio 2021-2024, la quota di mercato delle auto cinesi in Italia è passata dallo 0,4% al 6%, con un incremento del 1.350%. Marchi come MG (gruppo SAIC), BYD, DR Automobiles, Polestar, Lynk&Co, Omoda, Jaecoo, EMC, Leapmotor e Dongfeng stanno consolidando la loro presenza con oltre 800 punti vendita nel territorio italiano.

Fattori di successo e sfide per l’Europa

Il successo dei marchi cinesi è attribuibile a diversi fattori: prezzi competitivi, tecnologie avanzate, design moderno e una forte presenza nel settore delle auto elettriche. Inoltre, la Cina detiene la leadership mondiale nell’estrazione e lavorazione delle terre rare, fondamentali per la produzione di batterie e motori elettrici, garantendo così un vantaggio strategico nella filiera produttiva.

Le normative ambientali europee, che impongono obiettivi stringenti di decarbonizzazione, hanno favorito l’ingresso dei produttori cinesi, già pronti con soluzioni tecnologicamente mature e a basso costo. Al contrario, molti costruttori europei, ancora legati ai motori termici, si trovano a dover rincorrere.

Per contrastare questa avanzata, l’Europa dovrebbe investire massicciamente nella filiera delle batterie, nelle infrastrutture di ricarica e adottare politiche industriali chiare e di lungo periodo. Senza una reazione sistemica, il rischio è quello di perdere il controllo industriale su un settore chiave dell’economia europea.