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Uber lancia “Women Drivers” in Portogallo: sicurezza al femminile o discriminazione?

Autista donna – fonte_Freepik.com – Autoruote4x4.com

Il nuovo servizio permette alle donne di scegliere solo autiste donne. Un passo verso l’inclusività, ma non senza critiche

Un’opzione su misura per viaggi più sicuri

Uber introduce in Portogallo il programma “Women Drivers”, pensato per rispondere alle richieste di maggiore sicurezza da parte dell’utenza femminile. Il servizio consente alle passeggeri di selezionare un’autista donna, e offre alle driver la possibilità di accettare esclusivamente corse con clienti dello stesso sesso. Già attivo in altri Paesi europei come Francia, Germania e Polonia, il progetto punta a creare un’esperienza di viaggio più tranquilla e rassicurante per chi si sente meno a proprio agio in presenza di uomini sconosciuti, soprattutto in orari notturni.

La novità parte da Lisbona e potrebbe estendersi a tutto il territorio nazionale. Uber ha dichiarato di voler incentivare anche la presenza femminile tra i propri conducenti, ancora limitata: attualmente, solo il 9% degli autisti in Portogallo è donna.

Tra tutela e uguaglianza: il dibattito resta acceso

Il lancio di “Women Drivers” ha riacceso il confronto tra chi sostiene il diritto delle donne a viaggiare e lavorare in un contesto più sicuro e chi denuncia possibili violazioni dei principi di parità. Un’iniziativa simile era stata bocciata in passato dalle autorità portoghesi: la piattaforma tutta al femminile “Pinker” venne sospesa perché ritenuta discriminatoria. Tuttavia, Uber si difende precisando che il servizio non esclude gli uomini, ma offre una semplice opzione di preferenza.

In altri Paesi europei, dove la funzione è già operativa, i risultati sono stati incoraggianti: più donne si sono avvicinate al mestiere di driver, grazie a un clima lavorativo percepito come più sicuro. In Italia, pur non essendoci ancora un servizio simile, cresce l’interesse e il dibattito sui social.

Il servizio “Women Drivers” rappresenta un tentativo concreto di rispondere alle esigenze di sicurezza delle donne in ambito urbano. Se sarà un esempio di inclusione o un caso di discriminazione mascherata lo diranno il tempo, il contesto normativo e, soprattutto, l’esperienza diretta delle utenti.